La legge in questione (Qualenergia.it, Scelta dei siti nucleari e sospetta incostituzionalità), stabilisce che l’Esecutivo possa sostituirsi alle Regioni nella decisione finale sui siti nucleari in caso non si raggiunga un accordo; una facoltà analoga – ricordiamo – a quella prevista dal 13° comma dell’articolo unico legge 8/198, proprio una delle disposizioni cancellate dal referendum sul nucleare del 1987.
In pratica mette di fatto fuori gioco le Regioni sulla localizzazione degli impianti nucleari per la produzione dell’energia elettrica, per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o sullo smantellamento delle vecchie centrali e questo – secondo i ricorrenti – sarebbe stato in contrasto con il Titolo V della Costituzione, sui poteri concorrenti delle Regioni in materia di Governo del territorio e sul rispetto del principio di leale collaborazione. A sollevare profili di illegittimità erano state Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise, mentre il Piemonte dopo l’elezione governatore leghista Roberto Cota si è ritirato dal ricorso.
La Consulta – che renderà pubbliche le motivazioni della decisione solo nelle prossime settimane – pare però aver sposato la tesi del Ministero per lo Sviluppo Economico, secondo cui “l’energia elettrica di produzione nucleare serve a garantire un servizio fondamentale per i cittadini e, dunque, il potere sostitutivo dello Stato è non solo legittimo, ma necessario”.
Intanto sulle agenzie di stampa le reazioni politiche alla decisione della Consulta si susseguono: è stato rimosso l’ultimo ostacolo all’atomo? o invece la sentenza non farà che inasprire lo scontro tra Governo, Regioni e popolazione? Del primo avviso maggioranza e Governo, Ministro dell’Ambiente in testa: “La decisione della Corte […] fuga ogni dubbio sulla legittimità della impostazione del Governo su questo tema chiave per lo sviluppo del paese”, ha commentato Stefania Prestigiacomo.
Ma chi si oppone all’atomo ribatte che la questione è tutt’altro che risolta: “La sentenza della Corte lascia la partita ancora aperta – sottolinea ad esempio il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli – perché la Consulta deve ancora pronunciarsi sul ricorso contro il decreto legislativo 31 del 2010 le cui procedure non solo sono anomale, ma fortemente in contrasto con la Costituzione. Intanto però – continua il presidente dei Verdi – il governo non ha ancora avuto il coraggio di dire agli italiani i siti dove intende costruire le centrali atomiche, centrali che non riuscirà a fare perché sarà travolto dalla mobilitazione popolare, il vero piano su cui sarà vinta la battaglia sull’atomo”.
Gli fa eco Legambiente, per bocca del responsabile scientifico Stefano Ciafani: il Governo ora “abbia il coraggio, dopo tante parole, di passare ai fatti”, e quindi “definisca gli assetti dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, valuti i progetti presentati dalle aziende energetiche, tiri fuori i nomi delle località che ospiteranno le centrali. Staremo a vedere se riuscirà a posare la prima pietra dei nuovi impianti, come propagandato finora. L’unica cosa certa di questo progetto ideologico è che l’Italia perderà altro tempo nella lotta al cambiamento climatico e per ridurre la sua dipendenza energetica, a fronte di pesanti e crescenti costi per la collettività”
Intanto il documento “programmatico” con “gli obiettivi strategici”, che dovrebbe essere già sul tavolo (“entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto” recitava il d.l. del 15 febbraio, entrato in vigore il 23 marzo), ancora non si vede.

